Jun 4, 2015

Pagellozze di fine anno!

Gradito (?) ritorno delle pagelle di fine anno. Il girone che è appena trascorso è stato tra i più equilibrati degli ultimi anni, ha consegnato la quarta stella allo stratega-conservatore della lega e sancito il ritorno negli inferi dello sfortunato/spregiudicato Fabbra.

Sborussia Porcmund (9). Non stravince, è vero, ma approfitta dell'equilibrio generale per issarsi in testa alla classifica a poche giornate dalla fine e non mollare più la vetta, nonostante il brivido finale. Mezzo punto in più perché alla vigilia la squadra espesca era tra le meno accreditate: un attacco obiettivamente in là con l'età, simboleggiato dai sempreverdi Di Natale e Klose. Scommessa vinta a metà, in questo caso. La vera forza della compagine è stato il centrocampo ricco di fantasia e spumeggiante: Hamsik in ripresa, Vidal efficace nei momenti opportuni e soprattutto il duo genoano Iago-Perotti che, fino all'infortunio di quest'ultimo - coinciso non a caso con la flessione della squadra - ha dato letteralmente spettacolo ed è stato l'elemento decisivo nel successo, insieme alle scelte sempre oculate, a partire dal modulo, dell'allenatore. Vecchio volpone.

Pop of the Pope (8). Se c'è stata una squadra pazza, è stata quella papesca. Innescata dalle polemiche per il nome al limite della blasfemia, la squadra di Filus ha dato spettacolo. Portiere-saracinesca, uso spregiudicato del modificatore e goleador improbabili ma efficacissimi come Camillone Glik, vero pilastro, Bonucci e soprattutto De Silvestri, che non ha mai segnato così tanto, nemmeno in allenamento. E poi l'esuberante Icardi in attacco, capocannoniere alla fine del torneo nonostante la pazza Inter. E' stato lui a salvare il reparto offensivo, orfano per lungo tempo dei gol di Zaza e con Sau e Gervinho praticamente scomparsi. La valanga di milioni investiti a centrocampo per il Messi d'Egitto non sono stati spesi benissimo, a ben vedere, ma era la difesa la vera forza ed è (quasi) bastato per vincere e per meritare un top score auto-rubato all'ultima giornata. Pazzo Filus Amalo.

Middle Earth (7.5). Diciamolo pure, nessuno avrebbe scommesso mezzo euro su un Braun a punti dopo l'asta. Sembrava, la sua, la classica squadra incompiuta, quella del vorrei-ma-non-posso. Ed effettivamente l'inizio rispecchiava le attese. Finché un amico vero, quel Fabbra inutilmente polemico e in vena di scommesse, ha dato vita allo scambio più incredibile della storia della FA. Un Toni-Callejon secco che, da solo, basta a spiegare il risultato delle due squadre. Resterà nella storia, lo sappiamo tutti, fino alla prossima pazzia fabbresca. Come se non bastasse, poi, spinto questa volta dalla necessità, è arrivato anche il regalo-Felipe Anderson, che forse aveva già passato l'apice della forma ma che è comunque risultato molto importante. Gran merito di Braun è stato poi quello di puntare su una squadra collaudata (Rigoni, Gabbiadini) e di inserire ottimi giocatori (Florenzi su tutti) durante il mercato di riparazione. Araba fenice.

D. Lazzaroni (6). Un piccolo passo avanti rispetto agli ultimi disastri per il piagnina, che a ben vedere paga l'incredibile furto subito, senza il quale sarebbe arrivato terzo. Al netto delle inevitabili recriminazioni, esce nella parte finale del campionato da un anonimato al quale alcune scommesse perse e un paio di infortuni-chiave (Djordjevic, Strootman, Pirlo) l'avevano relegato nella prima parte della stagione e per poco non agguanta il podio. Punta deciso sul modificatore in difesa e viene a volte ripagato, sconta la pochezza di un centrocampo rivedibile ma si rifà in attacco, dove complessivamente delude Higuain (4 rigori sbagliati sono un'incredibilità) ma brillano il pupillo Berardi, autentico mattatore, Quagliarella fino all'infortunio e il buon Maccarone. Il bicchiere continua a essere mezzo vuoto per un allenatore in cerca di se stesso e sempre in sofferenza. Il magico touch non c'è più, chissà se tornerà. Smarrito.

The Jackal (5.5). Il grande deluso. Perché ama far proclami alla vigilia e sbandierare le sue certezze, ma questa volta al buon Luca va tutto male. Mette su una squadra che alterna pezzi da 90 (Menez, Tevez, Eder) a comprimari e semi-sconosciuti e per un po' gli va anche bene. Grazie soprattutto all'argentino e al compagno Morata, riesce a sfangarla spesso, nonostante tutto, e rimanere agganciato al treno dei primi, se non a guidarlo. Ma progressivamente, con la Juve in Champions a tutta, il Milan e Menez affondati, Eder infortunato, Pjanic smarrito e D.Lopez colabrodo suo malgrado, anche il giocattolo orlandiano si rompe e si salva dall'ultimo posto per un mezzo miracolo. Il mister si conferma comunque un buonissimo talent-scout (Wague, Sala e Pereyra lo dimostrano) ma fallisce l'operazione più clamorosa: il rilancio di Marione Gomez. Chi ci riuscirà sarà eletto nuovo mago del fantacalcio. Incompiuto.

Eyaquilatio (4.5). Nervoso, polemico, pignolo. Fino all'eccesso. E si sa che, in questi casi, tutto ritorna. Fab gliela promette e da quel momento capita di tutto: scambi allucinogeni, infortuni a catena che lo portano a giocare un paio di partite decisive in 10 e sciacalli dappertutto pronti ad approfittarne. La sua creatura biancoceleste è violentata da cessioni e svendite. Prova a puntare sulle provinciali, specialmente in attacco, e regge anche finché il buon Zamparini non decide di non far più giocare Dybala. Da quel momento prova con l'ingegno a puntare tutto sul centrocampo dai piedi buoni, ma non può bastare un fantastico Candreva, né sono sufficienti i colpi di Vazquez, le reti a raffica di Saponara o qualche golletto di Jack Bonaventura. Il danno è fatto ed è troppa la differenza in difesa e in attacco con le altre compagini. Non può consolarlo nemmeno l'aver trascinato fin quasi sul baratro il nemico giurato Orlando. Dagli allori alle ceneri, il passo è breve. Infernale.

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